Uscita del 27/02/21

L’idea di salire in forcja Granda (forchia Grande) e attraversare la cengia del Von, mi era venuta dopo aver avuto tra le mani la guida di Renato Miniutti “A tor pa’ la Valada” escursioni in Val Tramontina. Una bella guida ben dettagliata con una trentina di escursioni da fare in Valle, tra le pagine ci sono molti cenni storici e varie curiosità per far scoprire questo magico luogo anche all’escursionista più esigente. Ad attirare la mia attenzione era stata la parola “Von” essendo cresciuto in un luogo dove la lingua madre era il Friulano, sapevo che questa parola in Friulano antico stava per vecchio, oppure volendo ingentilirla un poco, si potrebbe farla passare per “nonno”. Per scoprire qualcosa di più avevo aperto la cartina Tabacco della zona e avevo notato un possibile percorso ad anello con partenza da Faidona, arrivare in forcja Granda, attraversare la così chiamata cengia del Von, e arrivare al Von, per poi salire il monte Rossa e infine scendere di nuovo a Faidona. Viste le abbondanti nevicate anche a basse quote, mi sembrava un’ottima idea come escursione dato che non avremmo superato di molto i 1130 metri del monte Rossa che dal livello del mare misura in altezza 1131 metri… Parcheggiato l’auto nei pressi della vecchia scuola di Faidona, i soliti due (io e Roberto) davano inizio all’ennesima avventura in Val Tramontina sapendo che non sarebbero rimasti delusi della decisione presa. Dal parcheggio della vecchia scuola tristemente in silenzio da vari anni, siamo scesi fino alla prima curva, per prendere poi la stradicciola cementata, abbandonandola pochi metri dopo per attraversare a destra un torrente oppure “ru” come vengono chiamati in zona, l’attraversamento sui sassi veniva agevolato dal calcestruzzo che qualche buonanima aveva messo per legare i sassi uno all’altro per facilitarne il passaggio. Dalla parte opposta della sponda abbiamo preso l’evidente traccia che con qualche tornante ci ha portato ad attraversare una zona ghiaiosa con labili segni di passaggio, per fortuna un vetusto ometto bello e baldanzoso stava lì appartato ad indicarci la via da seguire.Ci era bastato alzarci pochi metri per avere una apertura panoramica stupenda su tutta la zona sottostante e i monti dietro, vari minuti con la scusa di riprendere fiato ci fecero sostare di fronte a tutto questo. Ripreso il nostro cammino in piacevole pendenza ci addentravamo lungamente in una bella faggeta, arrivando a un vecchio rudere un po’ mal concio ma ancora in piedi, ci guardavamo attorno per cercare di immaginare il pendio senza quel groviglio di bosco, curato e utilizzato per il pascolo. Il rudere sorgeva su un largo spartiacque sopra il profondo canale del Silisia proprio di fronte al monte Frau, a mio avviso in una posizione perfetta. Non avendoci provato mi sarebbe difficile immaginare le fatiche che dovevano sopportare chi un tempo ci abitava, mi era più semplice immaginarli a fine giornata, quando dopo la consueta cena a base di una qualche minestra di verdure, un pezzo di formaggio e un pezzo di polenta, prendevano la sedia dalla cucina e marito e moglie si sedevano fuori dall’ uscio, lei con ago e filo nel tentativo di rattoppare per l’ennesima volta un abito, lui con la pipa in bocca caricata con il trinciato forte e lo sguardo assorto in lontananza, chissà forse oltre quei monti che chiudevano la Valle che non avrebbe probabilmente mai attraversato perché tutto il suo mondo era lì e non avrebbe avuto bisogno d’altro. Roberto pazientemente mi aspettava un po’ in disparte, oramai ha imparato a conoscermi e mi lascia tutto il tempo perché io mi aggiri tra i ruderi in cerca di qualcosa che mi faccia tornare indietro nel tempo, per cercare di capire e di comprendere il vissuto di chi ci abitava.Lasciato il rudere e ripreso il cammino attraversiamo di lì a poco il Rugo Coppo guidati sempre da qualche ometto posizionato qua e là, su un sasso un bollo rosso in bella mostra ci indica la via, ma bastava alzare lo sguardo per vedere la nostra forcella con la bella casera della Forcja. Anche in questo posto, una sosta era d’obbligo per guardarci attorno, soprattutto per vedere i monti da questa nuova prospettiva. A primeggiare su tutti era sicuramente la vista degli innevati e impervi canaloni del monte Dassa e del monte Rodolino. Fin qui anche se questa escursione non si svolge su un sentiero ufficiale CAI sarebbe comunque per tutti, soprattutto nel periodo aprile maggio quando in base alla stagione sboccia la rara Dafne Blagayana. Il suo profumo e la sua bellezza faranno immediatamente dimenticare all’escursionista la fatica fatta per arrivare in Forcja Granda, sempre se riesce a trovare la rara pianta… A sinistra della casera, passati a fianco una vecchia fornace per la calce, prendevamo la via per la cengia del Von, i molti tagli tra i mughi ci indicavano la via da seguire. Se fino alla casera era stata tutto sommato una passeggiata asciutta, adesso dovevamo procedere sprofondando in un copioso manto di neve che rallentava il nostro passo. Alla nostra destra le alte e contorte pareti strapiombanti del monte Dassa sembrava stessero per tuffarsi sul sentiero che stavamo attraversando facendoci sentire piccoli piccoli di fronte a lei…Man mano che ci avvicinavamo alla cengia, lo spettacolo panoramico aumentava complice anche la giornata a dir poco stupenda dove un sole timido e tiepido donava alla vallata una lucentezza particolare, molte erano state le soste contemplative di tutta questa bellezza. Ma ecco che finalmente dopo aver passato gli ultimi arbusti, mettevamo i piedi sulla famosa cengia del Von, un esposto e spettacolare passaggio sulla parete strapiombante del monte. Eravamo entusiasti e grati dello spettacolo che stavamo attraversando, non avevamo però fatto ancora i conti con l’ultimo canale da attraversare. Un tratto infido dove la cengia si restringeva molto e in caso di ghiaccio diventava problematico il passaggio. Giunti in prossimità del ripido canale la neve marcia copriva un uno strato di ghiaccio aggrappato alla roccia sottostante, abbiamo provato e riprovato a passare, anche indossando i ramponi, però non c’era verso. In quel momento mi ritornarono in mente le parole di Gianni Varnerin e di Loris Facchin ottimi conoscitori della Valle, in risposta alla mia domanda di come sarebbe stato attraversare in questo periodo la cengia del Von, “se proprio non devi andarci, aspetta…” “guarda che ha piovuto e la neve si è compattata sulla lastra di ghiaccio sottostante…” Queste due frasi risuonavano nella mia mente, mi sentivo come un bambino che si era scottato giocando con il fuoco.Guardando gli occhi di Roberto percepivo il sapore amaro della sconfitta, mentre mi ripetevo in silenzio il perché non ho ascoltato i consigli degli altri due?Non volevo assolutamente tornare in Valle senza aver visto il Von, così mentre Roberto era ormai rassegnato e si stava preparando al mesto ritorno, io iniziai a osservare attentamente il versante dove con buona probabilità poteva trovarsi il Von, trovando una possibile via di salita. Con il sorriso stampato sul viso dissi a Roberto di seguirmi a ritroso perchè forse avevo trovato una possibile via di salita nel versante opposto… Ritornati sui nostri passi e arrivati in vista della casera della Forcja Granda, abbiamo attraversato il ripido pendio sotto la strapiombante parete della cengia del Von, raggiungendo e attraversato un rugo.Poco oltre il rugo iniziavamo a salire un’impervia spalla mista di erba e rocce che a occhio ci avrebbe portato appena oltre il canale ghiacciato in prossimità del sentiero che attraversava la cengia. La salita era davvero ripida, in più il dislivello che avevamo accumulato iniziava a farsi sentire nelle gambe, però era l’incognita del percorso a preoccuparci, soprattutto quando eravamo arrivati alla quota neve, non c’era nessun ometto, bollo rosso o di qualsiasi altro colore, o traccia ad indicarci che eravamo sulla via giusta. Allora non ci restava che salire e continuare a salire aggrappandoci agli arbusti per fare meno fatica, sprofondando quasi a ogni passo fino al ginocchio nella neve marcia. Aggirando uno spuntone di roccia sulla sinistra con nostra sorpresa, mettevamo di nuovo i piedi sulla traccia proveniente dalla cengia, finalmente dopo qualche decina di metri eravamo arrivati al Von. Gli zaini volarono a terra, la nostra attenzione era tutta per questo monolite posto a dividere la forcella tra il monte Dassa e il monte Rossa, in un lato del monolite, un’antica icona con crocefisso faceva bella mostra di sé.In passato questa forcella era probabilmente molto frequentata per lavoro oppure per passare da una vallata all’altra, quindi avevano ritenuto saggio perdere svariate ore di tempo per scolpire nella roccia quest’icona di modo che chi passasse nei pressi potesse toccarla affidando in Essa la speranza di attraversare l’aerea ed esposta cengia senza incorrere in pericoli, al giorno d’oggi un gesto simile potrebbe risultare ai più se non incomprensibile, alquanto strano.Rimessi gli zaini e oltrepassato il Von ricominciavamo a salire, questa volta verso la cima del monte Rossa, raggiunta in breve con leggeri sali e scendi, da questo pulpito la visuale sul lago di Redona, sul Rest, sull’Aquila del Frascola sul Col di Luna solo per citarne alcuni era spettacolare… Avevamo raggiunto l’apice della nostra escursione d’ora in avanti potevamo solo uscire da questo “cerchio magico” di questa vallata, da un lato la lentezza della natura con i suoi ritmi e dall’altro la frenesia della vita quotidiana, quindi in silenzio in segno di gratitudine e rispetto assaporavamo questi istanti guardandoci attorno. Ripreso il nostro cammino, in discesa e senza sentiero obbligatorio perdevamo quota velocemente visto la pendenza, dovevamo solo cercare di mantenerci sulla dorsale che dal monte Rossa scendeva verso la sinistra del Ciucul Taront e puntare verso l’abitato di Tamarat, per intercettare il sentiero che avevamo fatto alla mattina e rientrare a Faidona. Saliti in auto, non saprei dire come ma forse teletrasportati per magia, ci siamo ritrovati nel parcheggio della pizzeria da Michele, dove questo vedendoci era uscito sorridente salutandoci e facendoci le feste, dopo varie birre e varie fette di pitina assieme a lui, io e Roberto ci eravamo seduti sui tavoli del piazzale, guardando la cima del monte Rossa che poche ore prima avevamo calpestato, d’istinto presi dal taschino la mia pipa caricata a trinciato forte e mentre davo leggere boccate il mio sguardo era assorto oltre quel monte…

Cartina Tabacco 028


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